L’impatto ambientale della plastica: la produzione e lo smaltimento

9 Marzo 2017
impatto ambientale della plastica: la produzione e lo smaltimento
Le materie plastiche sono sostanze organiche che derivano principalmente da processi di sintesi. Dal punto di vista chimico si tratta di polimeri costituiti da un elevato numero di unità molecolari (monomeri) tra loro legate; ad alta temperatura hanno le caratteristiche di un fluido e possono essere modellate, mentre a temperatura ambiente sono solide. Dal 1950 ad oggi la produzione di plastica è cresciuta in maniera esponenziale ed è destinata a crescere vertiginosamente nei prossimi decenni.
* Produzione di plastica vergine derivata dal petrolio, non include bioplastiche, plastiche prodotte a base di gas/biogas, o plastiche riciclate. Fonte: PlasticsEurope (PEMRG) / Consultic - The facts 2013/ 2015 - Greenpeace.org - UN GRID-Arendal - Elaborazione Culligan

Tipi di plastica

Esistono molti tipi di plastiche, utilizzate nei più disparati settori delle attività umane, tra le principali: il polietilene, il polipropilene, il polivinilcloruro, il polistirene, le poliammidi e il polietilenetereftalato. A partire dagli anni sessanta del secolo scorso il mercato delle acque minerali ha avuto una forte crescita, uno sviluppo reso possibile grazie all’utilizzo di nuovi materiali che progressivamente hanno sostituito il vetro nella produzione delle bottiglie.

PVC

Il PVC (polivinilcloruro) è stata la prima plastica ad essere impiegata per il confezionamento delle acque minerali; questo materiale però ha presentato sin da subito dei limiti importanti in quanto, non essendo sufficientemente impermeabile ai gas, non risulta idoneo per le acque gassate.

PET

Il PET (polietilenetereftalato) ha successivamente trovato forte applicazione nella produzione delle bottiglie, non solo per l’acqua minerale ma anche per le bibite, succhi di frutta, latte, ecc. I contenitori in PET presentano numerosi vantaggi rispetto al PVC: sono leggeri, economici, discretamente inerti e impermeabili ai gas. Questi sono i motivi che hanno il PET la plastica maggiormente utilizzata nel confezionamento dell’acqua minerale e delle bibite in genere. Il ciclo produttivo delle materie plastiche parte dal petrolio e arriva alla realizzazione del manufatto attraverso una serie di passaggi che possono essere così schematizzati:
petrolio → monomeri → polimeri → materie plastiche → prodotto finito
Gli oggetti in plastica fanno parte della nostra quotidianità, hanno portato innegabili vantaggi sul piano pratico legati all’economicità, la praticità e la resistenza, benefici che sono andati però a carico dell’ambiente. Anche il PET non è esente da controindicazioni ambientali, la sua produzione richiede infatti utilizzo di molta acqua e petrolio, inoltre gli oggetti a fine vita vanno correttamente smaltiti in quanto non biodegradabili. Ogni anno l’imbottigliamento delle acque minerali richiede la produzione di un quantitativo enorme di nuova plastica, che viene immessa nell’ambiente. Per produrre 1kg di PET (con cui possono essere prodotte circa 25 bottiglie da 1,5 litri) sono richiesti oltre 17 litri di acqua + 2 kg petrolio.

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La crescita dei consumi di acqua in bottiglie di plastica

Nel 2014 sono stati imbottigliati in Italia 12,5 miliardi di litri di acqua minerale (di cui circa il 81% in contenitori di PET e il rimanente 19% in vetro e poliaccoppiato), una cifra enorme che ha richiesto la produzione di circa 330.000 Tonn di PET, attraverso il consumo di 650.000 Tonn di petrolio e di 6 milioni di Tonn (6 miliardi di litri) di acqua. Ma questo in realtà è solo una piccola parte se consideriamo anche la plastica prodotta per il confezionamento delle bibite e allarghiamo il discorso a livello mondiale.

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Un recente articolo apparso sul NY Times (20 ott.2016) attraverso un quiz interattivo, ci mette in guardia su quanto la plastica sia pervasiva nella vita di tutti i giorni e quanto possa essere dannosa per il pianeta. Uno studio dell'ente australiano di ricerca Csiro sull'impatto dell'inquinamento del mare sulla fauna, evidenzia che entro il 2050 circa il 95% di tutti gli uccelli marini avranno plastica nell'organismo e che molte delle tossine e delle sostanze chimiche contenute nella plastica sono assorbite nel tessuto dei pesci, che a loro volta finiscono sulle nostre tavole. Una ricerca pubblicata a novembre 2016 su «Scientific Reports», rivista del gruppo «Nature» mette in evidenza come nel Mediterraneo (soprattutto tra la Toscana e la Corsica) sono stati trovati microframmenti di materie plastiche con concentrazioni tra le più alte al mondo, e che stanno producendo effetti devastanti nell'ambiente marino, in maniera irreparabile. La continua crescita dei consumi e l’approccio “usa e getta” anziché “usa e riusa” nei confronti dei beni di consumo in generale, impattano notevolmente sull’ambiente in maniera negativa lasciando poco spazio alle interpretazioni: il futuro della Terra è già compromesso.

Biodegradabilità della plastica

Il PET è un materiale resistente e con una vita media stimata intorno ai 1000 anni può, in pratica, essere considerato non biodegradabile; per questo motivo è molto importante smaltire la plastica, ed in particolare il PET di cui si fa un notevole uso quotidiano attraverso le bottiglie, negli appositi cassonetti dedicati alla raccolta differenziata. I tappi delle bottiglie sono in polietilene (PE), o in polipropilene (PP), materiali molto resistenti che possono essere riciclati in maniera diversa dalle bottiglie, per la rilavorazione e la realizzazione di manufatti che richiedono elevate caratteristiche meccaniche. Il mercato dei tappi di plastica è fiorente e la valutazione si aggira intorno ai 280 € per tonnellata (circa 400.000 tappi). Il PET, in teoria, è riciclabile al 100%, quindi se correttamente smaltito può essere trasformato da rifiuto a risorsa. Il problema è che secondo recenti statistiche in Italia si ricicla il 25% di tutta la plastica raccolta, mentre la media europea di riciclo della plastica è pari al 33% (con alcune eccellenze nei paesi scandinavi che sono prossimi all'80% di riciclo); ancora peggio si fa negli Stati Uniti, dove il riciclo della plastica si ferma al 17%.

La normativa sul riciclo della plastica

Il decreto ministeriale DM 18 maggio 2010, n.113 riguardante la disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili destinati a venire a contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d’uso personale, limitatamente alle bottiglie in PET, prevede l’utilizzo sino al 50% di PET riciclato (R-PET)  per produrre nuove bottiglie di plastica. Quest’opportunità non viene però ancora adeguatamente sfruttata dagli stabilimenti di imbottigliamento che, per la quasi totalità, utilizzano PET vergine per la produzione delle bottiglie. Solo alcuni produttori hanno recentemente sperimentato il PET riciclato e sono entrate in produzione anche plastiche vegetali a ridotto impatto ambientale, ma sono rarità nel panorama nazionale. Il contenimento dell’impatto ambientale da materiale plastico si realizza quindi attraverso un duplice approccio, regola peraltro valida per qualsiasi prodotto commerciale: riduzione degli imballi da parte dei produttori e corretto smaltimento da parte dei consumatori. Inoltre, quando possibile, cercare valide alternative alla plastica nella vita di tutti i giorni. La qualità di un’acqua, oltre al rispetto dei parametri igienici di legge, deve tenere conto anche del consumo di risorse impiegate per la sua produzione: la potabilizzazione per le acque di rete ed il confezionamento per l’acqua minerale. Ed è proprio il grande utilizzo di risorse richiesto per la gestione della filiera dell’imbottigliamento (produzione/trasporto/smaltimento) il motivo per cui le acque minerali sono considerate un prodotto a basso livello di ecosostenibilità. Scopri come dire addio per sempre all'acqua in bottiglia >>

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